NON SOLO INGEGNERIA

Ordine degli Ingegneri di Bergamo
PASSAGGIO CANONICI LATERANENSI 1, BERGAMO

27 FEBBRAIO - 15 MARZO 2016

“E’ stato detto che un ingegnere non deve mai essere sorpreso a scrivere poesie; che ogni detto generi il proprio contraddetto è testimoniato anche dall’ing. Pierdomenico Regazzoni. L’ingegnere entrò da poeta nel mio studio di pittore: aveva da poco pubblicato, per una ristretta cerchia di amici, un ciclo di sinceri versi poetici ispirati a un luttuoso ricordo. Chiusa la parentesi di versificatore, si affidò al mio insegnamento per intraprendere il tortuoso cammino nella vastità dell’universo pittorico: era il 1978. Nel mio studio si applicò pazientemente con volontà, manifestando predisposizione all’apprendimento del disegno secondo i canoni tradizionali; esperienza, questa, conclusasi, forse prematuramente, nel 1981. In quell’anno, durante la vacanza in una isola della ex Jugoslavia, avvenne la svolta che determinò il suo destino di pittore. Nell’incantevole natura di quell’isola, allora incontaminata, salì – su mia indicazione – una montagna con cavalletto pennelli e colori; sulla vetta venne attratto da un albero nodoso curvato dal turbinare dei cieli e dei venti, con il degradare di isole in azzurre lontananze sullo sfondo. Al rientro serale nascose per pudore, in uno sgabuzzino, il dipinto. Quando, su mia insistenza, titubante me lo mostrò, rimasi sorpreso dall’atmosfera cromatica della sua prima esperienza pittorica. Fu in quell’opera che Regazzoni, per nulla condizionato dal mio insegnamento, manifestò la sua schietta natura d’artista.”

Francesco Coter, Novembre 2015

“Ezio Goggia, studente universitario di ingegneria, che incontrai per la prima volta nel 1973 in casa di un amico aspirante pianista e appassionato di musica barocca, si presentò col nome di Gomez – nome che rimase per sempre impresso nella mia memoria; la sua figura di profeta zarathustriano entrò nella mia vita con devozione per sancire un’amicizia consacrata al nome di Nietzsche. Attratto dall’antico mistero dell’arte iniziò la frequentazione del mio studio là dove, senza manifestare particolare interesse per la pittura, venne catturato dalla musica di Mahler prima e di Schubert poi; a quest’ultimo insieme dedicammo anni di approfondimenti e traduzioni dei testi della sua liederistica. Goggia, a quel tempo, scriveva frammenti poetici in stile nicciano e annotava su di un’agenda i conflitti interiori dettati dal suo spirito ribelle. Fu un crepuscolo estivo nel mio studio ad accendere la fiamma del futuro pittore: l’osservazione di un pipistrello svolazzante attorno a un patriarcale cipresso lo invogliò – col mio incoraggiamento – a impugnare una penna a sfera al fine di realizzare il suo primo disegno, disegno che gli spalancò la porta del purgatorio creativo. Come albero solitario, Goggia pittore è cresciuto lentamente sfidando il turbinare delle stagioni; nelle sue opere, tutte eseguite rigorosamente dal vero – cosa oggi rarissima – il pittore si esprime con ebrietà panica nei paesaggi, con ascetico intimismo nelle nature morte e con acuta introspezione nei ritratti. Libero dall’impaludamento di tendenze a lui estranee e nocive, Goggia rivela con un lavorio lento, metodico, quasi pitagorico, la sincerità delle sue creazioni pittoriche – sincerità capace di rendere sinceri chi le guarda e le interpreta”

Francesco Coter, Novembre 2015

Piero Regazzoni “Il grande volo” olio su tela cm. 80×80
Ezio Goggia “Nostalgie d’autunno” olio su tavola cm. 55×70